David, torna! Un occhio al mercato NBA di quest'estate


Prima di iniziare questo articolo devo fare una premessa: non voglio passare da hater di James, anche se non mi è simpatico, ritengo solamente che LeBron abbia aperto una "stagione" della NBA che non mi appartiene come mentalità. 
Non mi appartiene per le scelte tecniche che ho già descritto parlando delle Finals, ma neanche per quelle dei giocatori di andare a creare Super Team a discapito di altre squadre, allargando il gap tra l'alto, fatto di 4 o 5 squadre, ed il basso, con punte di squadre da meno di 25 vittorie.

Fatta la premessa andiamo ad esaminare la situazione.
Dopo la scorsa estate in cui la squadra che era implosa alle Finals, passando dal 3-1 al 3-4, ha acquistato uno dei candidati più autorevoli per il premio di MVP, si era già capito come sarebbe finita la stagione, ma nessuno ci aveva preparato a quello che stiamo vedendo in questi giorni.
Un fuggi fuggi delle star delle squadre che già sanno di non essere contenders verso le squadre che almeno ci provano. Paul, George, Griffin ed Hayward sono solo alcuni di questi giocatori che sembrano destinati alle franchige che hanno concluso la stagione non più giù del quarto posto nella conference.

Ora viene da chiedersi: perchè giocare una stagione da 82 partite? E soprattutto: come renderla appetibile con una distanza tra le squadre di questo tipo?
Oltre a questo, la perla di Silver, che permettere una sosta ai "top player" in alcune partite casalinghe, appare ancora di più una presa in giro per i tifosi che avranno un totale di 20 partite appetibili prima dei playoff dove si vedranno sfide degne, forse, alle finali di Conference.

Alcuni cui ho sottoposto questo, per me, problema hanno risposto: i Super Team sono sempre esistiti, prendiamo i Celtics di Bird ed i Lakers di Magic.
Questa risposta denota un po' di superficialità nel considerare la cosa. I Celtics di Bird, ad esempio, draftarono sia Bird che McHale, così come i Lakers con Magic e per Kareem Abdul-Jabbar la trade avvenne in un momento storico importante per la squadra di LA. L'acquisto, infatti, avvenne dopo una stagione con record negativo arrivata dopo che in due stagioni consecutive si erano ritirati Chamberlain e Jerry West, non dopo una stagione da 73 vittorie!

Arriviamo quindi agli ultimi super team, tra i quali, forse, spicca quello dei Celtics del 2007 in cui alla squadra di Pierce e Rondo aggiunsero Allen e Garnett. Quella squadra aveva un unico intento: essere una squadra "one shot", ora o mai più. Il Titolo arrivò al primo anno e poi la squadra andò lentamente scemando.
Fu proprio in quel contesto che James preparò le basi per l'estate che stiamo vivendo. LeBron decise di lasciare Cleveland, capendo che in quella squadra non sarebbe riuscito a vincere, per andare in una squadra che avesse le basi per raggiungere l'Anello. Molte squadre provarono a prenderlo, ma decise di andare a Miami, una squadra con una star che sapeva come raggiungere il Titolo, ma comunque chiese di prendere un'altro pezzo da 90 come Bosh, stella dei Raptors di allora.

Nello stesso periodo, nel 2011, anche i Lakers provarono a portare a casa un giocatore leader nella sua squadra, ma l'allora Commissioner, Stern, bloccò l'affare che avrebbe portato Paul da Kobe. Non sappiamo realmente cosa fermò quelle mani, ma forse si era capito che si stava andando in una direzione pericolosa. Lo stesso Stern commentò così alla Gazzetta dello Sport: "La mia decisione fu basata soltanto su cosa ritenevo meglio per New Orleans - ha raccontato l'uomo che ha diretto l'NBA dal 1984 al 2014 -. Non aveva nulla a che fare con i Lakers."

Nonostante questo, il sasso era stato lanciato nello stagno e James, una volta raggiunto il suo successo a Miami, in cui continuò un accumulo di veterani per mantenere alto lo standard della squadra, prese la seconda sua decisione di cambiare e tornò a Cleveland. Tra i Cavaliers ora lo aspettava una star come Irving a cui fece aggiungere anche quello che era il miglior giocatore di una franchigia che fatica da tempo a trovare la post-season come Minnesota, Love.

Il regno di LeBron sembrava essere destinato al successo, non fosse stato che i Golden State Warriors era riusciti a far crescere alcune giovani superstar come Curry, Thompson e Green.
Siamo ormai ai giorni nostri e vediamo come per puntare a vincere si debba avere almeno 3 All Star a roster e che non esista più la dignità dell'essere perdenti.
Riporto qua il link di giocatori che, pur senza Anello, saranno ricordati tra i migliori. (clicca qui per l'articolo).

In ultima cosa, prima di chiedere a Silver di capire il problema ed iniziare a limitare questo mercato di Superstar, cerchiamo di capire perchè ora si cerchino questi "saccheggi" alle altre squadre.
La motivazione principale mi sembra chiara: non si sa più fare scouting e si scelgono prospetti non ancora pronti.

Il livello al College non mi sembra in netto calo, grazie anche ad una diffusione del talento causata dal fatto che molti giocatori preferiscono andare ad essere i "top player" in una squadra piuttosto che i sesti in un ateneo al top, questo anche dopo il fallimento del platoon di Calipari, ma al livello di sopra non si sa più fare delle scelte di giocatori già pronti alla NBA.
Per questo motivo, le squadre che sanno di poter avanzare nei playoff snobbano la NCAA cedendo scelte a squadre che invece, sapendo di terminare la stagione a fine marzo, avranno il tempo di sviluppare i talenti ed effettuare la scrematura di coloro che non sono pronti. 
Quando si parlava di Phila come una squadra NCAA in NBA, forse non si pensava come in realtà sia questo il lavoro che 76ers, TWolvers ed altre squadre stanno facendo, quello che prima si vedeva con giocatori di college junior o senior, ora lo si vede in NBA dove freshmen provano a diventare star per poi andare... in NBA?... no a provare a vincere in una contenders.

Eccoci, quindi ad chiedere che si ponga un freno a questo andamento, la cui massima deviazione è quella di alcuni giocatori che si riducono il salario e/o vengono tagliati e poi ripresi a contratto ridotto per lasciare cap disponibile, il tutto per riavere uno spettacolo degno di questo nome, almeno per quanto riguarda l'equilibrio in campo.

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