Da qualche stagione, la offseason del college basketball è sembrata diventare una sessione del calciomercato, ma vedremo che non è proprio la stessa cosa, e la frenesia che si è creata sta portando la NCAA da un certo blocco a regole granitiche a qualcosa che forse sta perdendo la propria identità.
Andiamo, però, con ordine e vediamo quali furono le richieste fatte da più parti è che ora sono state portate quasi all'esasperazione:
1) Modifica della regola dei transfer: non avere più l'anno di stop quando si cambia Ateneo;
2) Remunerazione dei Giocatori: i cestisti, facendo parte del business, dovrebbero poter raccogliere parte dei profitti di tale mondo.
Queste due richieste sono state più che legittime, ma inserirle contemporaneamente ha provocato il primo scossone al sistema.
Da diverse stagioni il transfer portal è affollato non di quei giocatori che, dopo essere esplosi in una mid-major, vogliono avere la grande occasione per alimentare le proprie speranze NBA o di giocatori che, reclutati da top college, non hanno trovato spazio e quindi vogliono rimettersi in gioco, ma di ogni tipologia di giocatore che anche vuole semplicemente cambiare aria.
Questo ha provocato una affluenza nel portale di oltre 2000 ragazzi e lo svuotamento, a volte completo di alcune squadre.
Infatti se si sommano i ragazzi che si dichiarano al draft a quelli che entrano nel portale, alcune squadre hanno perso anche oltre gli 8-9 elementi.
Se fosse solo questo, il vecchio mondo del college basket sarebbe potuto anche sopravvivere, ma ora esiste il NIL, ovvero una sorta di pagamento dei college o meglio dei booster per i diritti di immagine dei giocatori.
Il NIL sembra essere anche non totalmente rettificato e se si è partiti con solo alcuni stati che lo permettevano, a breve è diventato una sorta di tesoretto che gli atenei maggiori possono utilizzare per fare recruiting e mercato da altre scuole.
Si capisce velocemente che questo ha portato a flussi migratori incontrollati, con somme destinate ai ragazzi non molto chiare ed altri giocatori che sono entrati nel portale per saggiare quanto avrebbero potuto prendere.
Se la offseason NCAA era lenta e noiosa, ora sembra nevrotica e spesso si fatica a capire cosa stiano diventando le squadre con l'abilità di reclutare di alcuni coach che è calata per la mancanza di fondi ed altri che, invece, hanno avuto carta bianca per portare i talenti nella scuola anche se la squadra non ha ancora una vera identità.
Il paradosso assoluto si sta poi vivendo in questo periodo predraft dove si stanno verificando 2 situazioni forse pericolose per i prossimi anni:
1) I ragazzi che vedendo che potrebbero scendere al secondo giro del draft, con contratto non garantito, escono dal pool per andare a prendere molti soldi sicuri al college, dove magari non hanno poi dimostrato chissà cosa
2) Giocatori che decidono di uscire dal pool del draft e, tornado a "casa", trovano le porte sbarrate dato che l'Ateneo ha già preso i transfer per sostituirli.
C'è infatti da dire che per i top del portal la permanenza spesso si rivela breve e quindi tutte le squadre devono correre a prendere il divo di turno anche se, come già detto, la squadra non esiste ancora.
Quindi tutto male?
Non tutto.
Alla fine di questa giostra ci troviamo con squadre che, magari non hanno amalgama, ma hanno al loro interno non più solo una serie di one-and-done e veterani tutto cuore e non talento, ma anche diversi "veterani" che innalzano il livello e, visto che anche mid-major hanno soldi a disposizione, il livello medio si è alzato.
Nel 2008 Brandon Jennings volava a Roma per passare il suo anno obbligatorio predraft da professionista, ora con i NIL la situazione si è ribaltata e quindi la cantera di diversi club europei si è svuotata per mandare i ragazzi oltreoceano dove potranno guadagnare soldi che nelle giovanili o con un contratto da under europeo non avrebbero mai visto.
Pensiamo al Real Madrid ed al Barcellona che, penso in maniera provocatoria (sempre che lo abbiano mai detto come scritto su alcuni giornali spagnoli n.d.r.), stanno pensando di chiudere le giovanili o a Milano che finalmente ha una Juniores molto forte a livello europeo, ma probabilmente perderà i suoi tre top player.
A conclusione di questa disanima possiamo dire che forse far entrare di colpo due novità di questa portata, anche se necessarie, con una regolamentazione non completa e soprattutto con limiti sfumati, ha portato ad un college basketball confusionario che, però ogni anno porta gli spettatori a seguire un campionato molto più equilibrato.
Vedremo se si riuscirà a gestire il tutto senza che si perda ogni senso, sia sotto il profilo tecnico che del business.
Siamo passati da squadre rivoluzionate dopo un anno per gli one year wonders ad averle rivoluzionate dal semplice denaro a disposizione.
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